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Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


veduti da Iphicleo, egli per ciò smarrito si gittò di culla, et con le strida svegliò il pa-
dre et la madre, che levandosi di letto trovarono Hercole con le mani havere preso
quei Serpenti et amendue haverli affogati. De' quali nella Tragedia d'Hercole Furio-
so
Seneca in tal modo parla:
Pria che conoscer ei potesse i monstri
Vincerli incominciò; perché due Serpi
C'han le creste sul capo con le bocche
Venian verso di lui; contra de' quali,
Brancolando si mosse il fanciullino
Con intrepido petto riguardando
Quegli occhi ardenti dei maligni Serpi;
Et stendendo le mani inverso loro
Quasi come scherzando quelli prese
Con quei nodi, c'hor son tanto robusti,
Et con la mano tenera sì strinse
Che strangolò le venenose fiere.

Secondariamente, appresso la Palude Lerna combattete con l'Hidra, crudelissimo mon-
stro, il quale havea sette capi; et ogni volta che se ne toglia uno, subito in loco di
quello ve ne nascevano sette. Ma estinta col fuoco la origine vitale di quella, la superò.
Della quale nel medesimo loco Seneca parla:
Che i fieri monstri, è il numeroso male
De la Lerna palude? Non al fine

Col fuoco il vinse, et l'insegnò morire?


La terza, essendo il Leone Nemeo a tutti un paese dannoso, egli raccolto da Molorco
pastore, che a quel loco era più vicino, se n'andò contra quello, et prese; et indi ha-
vendolo scorticato, per segno del valore suo si vestì della spoglia del Leone. Onde
Ovidio dice:
Da le robuste braccia morto giace
Il gran Leon Nemeo fiero, et horrendo.

La quarta, andò contra il Leone Teumesio, non meno horrendo del Nemeo; dove ardita-
mente havendoselo posto sotto i piedi, lo scannò. Del quale Statio nella Thebaide fa ricordo:
D'Amphitrione l'adornato figlio
De la spoglia Cleonea, che estinse il fiero

Theumesio Leon da ogn'un temuto.


La quinta fu contra il cigniale Menalio, che rovinava il tutto. Onde Seneca nell'istes-
sa Tragedia:
Che il Menalio cignial sto a ricordare
Tra i folti gioghi d'Erimanto avezzo

Far i boschi d'Arcadia ogn'hor crollare?


Et come dice Lattantio, ei portò questo cignial vivo ad Euristeo. La sesta, egli col cor-
so vinse et prese la cerva c'havea i piedi di bronzo et le corna d'oro, la quale habita-
va sul monte Menala et nessuno non la poteva pigliare; di che Seneca medesimamen-
te parla:
Et del Menalo monte la veloce
Fiera, ch'il capo havea molto adornato

D'oro da lui fu in corso, et vinta e presa.


La settima, con l'arco ammazzò gli uccelli Stimphalidi, cioè le Arpie, delle quali l'istes-
so Seneca scrive:
Indi assalì per l'aere gli uccelli
Stimphalidi, li quali erano avezzi

Con l'ale oltraggio fare al giorno, e al Sola.


La ottava, prese il Toro che Theseo vincitore havea menato di Creta, il quale per la


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