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Timaeus Locrus - De natura mundi et animae » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. Vv

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


fede, dicendo: Et mirabile dictu com nondum novissem quibus seu quot pedibus car-
men incederet; me etiam pro viribus renitente; quod nondum sum; poeta fere a notis
omnibus vocatus fui. Nec dubito, dum aetas in hoc aptior esset; si aequo genitor tulis-
set animo; qui inter celebres poetas unus evasissem. Verum dum in lucrosas artes pri-
mo, inde in lucrosam facultatem ingenium flectere conatur meum; factum est; ut nec
negociator sim, nec evaderem canonista, et perderem poetam esse conspicuum. Caetera
facultatum studia, et si placerent; minime sim secutus.
Sì che si vede quanto torto fosse
fatto all'ingegno di sì degno Poeta, et come con ogni sforzo a lui fosse cercato tor-
re quello che gli promettevano i cieli. Nondimeno, rimasto senza padre, non solo ri-
volse l'animo a studiare l'opre di quelli ch'erano stati molto prima di lui, ma ancho
ricercò haver contezza de quei che vivevano al tempo suo, et hebbela. Tra quali fu
l'Honorato M. Francesco Petrarca, al quale divenuto molto intrinseco et cordiale
per tre mesi continui dimorò seco, di che ne fa fede la prima Pistola del terzo libro
delle Senili di M. Francesco; et di lui fu spetiale osservatore, sì come in infiniti
luoghi delle opere sue latine dimostra, et tra gli altri nel parlamento ch'egli finge se-
co nel principio dell'ottavo libro sopra i Casi degli Huomini Illustri, del quale dimostran-
do la riverenza, così parla: Quem dum reseratis oculis sumnoq. omnino excusso acu-
tius intuerer; agnovi esse Franciscum Petrarcham optimum venerandumq. preceptorem
meum, cuius monita semper mihi ad virtutem calcar extiterant; et quem ego ab ineun-
te iuventute mea prae caeteris colueram.
Et quello che segue. Essendo adunque così in-
fiammato di questi santi studi, a guisa d'antico et vero philosopho, non bastandogli
le sue rendite a mantenerlo, incominciò vendere il capitale del patrimonio, non per-
donando a spesa né a fatica in andare dove sapeva che fosse alcun huomo dotto et ec-
cellente. Passò in Sicilia per udire un certo Calavrese ch'in quel tempo havea gran no-
me, com'egli scrive, d'essere dottissimo in lettere greche, et tanto di quelle venne ad
animarsi che, ritornando a dietro et pervenuto a Venegia, menò seco a Fiorenza
Leontio Pilato, di natione greco, molto dotto et letterato, tenendolo nella propria
casa dov'egli habitava a sue spese; et da quello si fece legere la Iliade d'Homero et
l'Odissea, adoprandosi tanto con gli amici che communemente fu salariato, et publi-
camente in Firenze per mezzo del Boccaccio hebbe una lettura. Della qual cosa egli
istesso ne fa fede nell'ultimo libro della presente opra, dove dice: Post hos et Leonti-
um Pilatum thessalonicensem virum; et ut ipse assent, predicti Barlae auditorem per-
sepe deduco.
Et poco da poi di lui continoando segue: Huius ego nullum vidi opus, sane
quicquid ex eo recito, ab eo viva voce referente percepi. Nam eum legentem Homerum,
et mecum singulari amicitia conversantem fere tribus annis audivi.
Così ancho in
uno altro capitolo del detto libro di quello parlando scrive: Non ne ego fui qui Leon-
tium Pilatum a Venetiis occiduam Babilonem querentem a longa peregrinatione meis
flexi consiliis? In patria tenui? Qui illum in propriam domum suscepi, et diu hospitem
habui, et maximo labore meo curavi ut inter doctores Florentini studii susciperetur,
ei ex publico mercede apposita?
Fu quasi il primo, questo Leontio, che leggesse in Italia


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