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Aristoteles - Problemata » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 741 » Stanze » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 254v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


l'esteriore, per dimostrare l'eloquenza? O bella ragione, come se quasi la eloquenza
non si potesse fare valere d'intorno le cose vere. Certamente hanno conosciuto male
la sententia di Quintiliano, del cui grandissimo oratore la openione è che cerca le co-
se false non vaglia nessun nerbo d'eloquenza. Ma di questo altrove. Chi adunque, per
venire a questo, sarà sì pazzo et di sì poca consideratione, che leggendo nella Buco-
lica
di Virgilio questo verso: Namq. canebat uti magnum per inane coacta, con que-
gli altri versi che segueno dietro questa sentenza. Et nella Georgica le api havere una
parte di mente divina, con le cose applicate a questo. Et nell'Eneidia: Principio cæ-
lum et terras camposque liquentes
, con le cose che vi seguono. Dalle quali vi si cava
il puro suco di philosophia, che non veggia chiaramente Virgilio essere stato philo-
sopho, et non l'estimi eruditissimo huomo per dimostrare la eloquentia sua; della cui mol-
to valse in havere condotto Aristeo pastore nei segreti della terra dalla madre Oli-
mene, overo Enea per vedere il padre nell'Inferno? Et questo sotto favoloso velame ha-
vere scritto senza sentimento alcuno? Che è stato così ignorante, che veggendo il nostro
Dante spesse fiate sciorre gl'intricati nodi della sacra Theologia con maravigliosa
dimostratione, che non s'accorga egli non solamente essere stato philosopho, ma ancho
famoso Theologo. Et se ciò terrà, per qual ragione penserà ch'egli habbia finto che
Bimemberm gripho traha quella carretta sulla cima del monte Severo accompa-
gnata da sette candelieri et altrettante Nimphe, con l'avanzo di quella pompa triom-
phale? Per dimostrare che egli sapeva comporre rime et favole? Chi appresso sa-
rà tanto scioccho che istimi il famosissimo et Christianissimo huomo Francesco Pe-
trarca, la cui vita et i cui santi costumi noi stessi habbiamo veduto, et lungamente, per
la Iddio gratia, vederemo, haver speso tante vigilie, tante fatiche, tante notti, tanti gior-
ni et tanti studi nella sua Bucolica solamente per la gravità del verso et l'eleganza
delle parole, et per fingere che Gallo dimandasse a Tirreno la sua fistola, et che can-
tassero insieme Pamphilo, Mitione, et altri spensierati pastori? Nessuno veramente
che lo conosca dirà ciò, et molto meno quelli che hanno veduto ciò che egli in sciolto
stile ha scritto nel libro della Vita Solitaria et in quello ch'egli ha intitolato dei Ri-
medi all'Una et l'Altra Fortuna
, per lasciare molti altri da parte; ne' quali quanta san-
tità si può comprendere nel seno della philosophia morale, tanta con gran maestà di
parole in quelli si comprende; di maniera che non si può dire nessuna cosa più pie-
na, più ornata, più matura né più santa ad instruttione dei mortali. Potrei an-
cho addure i miei versi Bucolici, del cui sentimento io sono consapevole, ma ho giudicato
tacerne, perché finhora non mi tengo di tanto ch'io mi debba annoverare tra gli huomi-
ni eccellenti, et perché le cose proprie sono da lasciare ragionarne agli altri. Tacciano
adunq. questi cianciatori ignoranti, et i superbi se possono ammutiscano, essendo da crede-
re che non pure gl<i> huomini illustri, nodrito dal latte delle Muse et allevati nelle habita-
tioni della philosophia et in sacri studi, habbiano locato profondissimi sensi nei suoi poe-
mi; non etiamdio non essere nessuna così pazzarella vecchiacciulla, d'intorno il foco di
casa che di notte vegghiando con le fantesche racconti alcuna favola dell'orco o delle


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