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Galenus, Claudius (Pseudo) - De ordine utriusque ordinis » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 255v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


altre inconvenevolezze dalle quali continuamente le città sono vessate, soggiunge quasi
sdegnato dicendo:
Va dunque, et pensa tu versi sonori.
Quasi che dica, non potrai. Et poi seguendo gli dimanda:
Tu vuoi, che fra gli strepiti notturni
Et i diurni anchor io cante, et segua

I vestigi toccati dei poeti?


Né molto da poi soggiunge:
Qui dunque, dove in mezzo sono posto
Di travagli, fortune, et civil garre
Unir mi degnerò già mai parole,
Che commovano il suon de la mia lira?

Per li quali versi, per più non ve n'aggiungere, assai si vede perché i poeti amino i luo-
ghi selvagi. Il che leggiamo ancho havere fatto Paolo Heremita, Macario, Antonio, Arse-
nio, et molti altri venerabili et santissimi huomini, non per mancamento di civiltà ma
per servire con più libero animo a Dio. Anchora, che non sia cosa tanto detestabile co-
me pare che questi istimino l'habitare le selve, non si veggendo in elle nessuna cosa fin-
ta, fugata, né alla mente inconosciuta. Veramente tutte le opre di natura sono semplici.
Ivi sono i dritti faggi verso il cielo, et gli altri alberi che con la sua opacità porgono
l'ombre fresche; ivi la terra contesta di verdeggianti herbe et di mille colori di fiori
distinta, ivi i chiari fonti et limpidi ruscelli che con piacevole mormorio scendeno dai
vicini monti, ivi i depinti uccelli che col canto addolciscono l'aere, ivi le frondi che dal
movere d'una leggiera aura risuonano, ivi gli animaletti che giuocano, ivi i gregi et
gli armenti, ivi le case pastorali et le cappannette senza cura né rispetto alcuno, et ivi
tutte le cose sono piene di tranquillità et silentio. Le quali non solamente, satollati gli
occhi et l'orecchie delle sue delitie, allettano l'animo, ma ancho paiono che constringa-
no in sé la mente et l'ingegno, se forse fosse lasso, a ripigliare le forze, et condur quel-
lo al disio della consideratione di cose sublimi et ad avidità ancho di comporre. Il che
con maravigliosa esortatione ci persuade la compagnia dei libri et i canori chori del-
le Muse che ci stanno d'intorno, le quali tutte cose essendo dirittamente considerate, qua-
le studioso huomo non preporrà le solitudini alle città? Ma non il diffetto dei poeti, né
le solitudini (se diffetto si può chiamar questo) moveno questi insolenti huomini a ri-
prenderli, anzi la loro machiata mente da mortale ambitione, dalla quale essendo lonta-
ni i poeti, egli dicono che sono huomini da fuggire. Egli è usanza d'huomini di pessimi
costumi grandemente disiare che tutti gli altri a loro siano conformi, per cuoprire ove-
ro difendere i suoi peccati con gli altrui. Vergogninsi, et ammutiscano adunque se i
poeti non fanno come eglino, percioché gli huomini saggi fuggono et hanno per cosa ver-
gognosa il contrafarsi la faccia con la pallidezza. Et se abhoriscono col tardo passo
continuamente caminare per le città, eglino il fanno perché ricusano comprare la gra-
tia et le lodi dell'inerte volgo con la vergognosa et diforme hippocrisia; non si curano
dagli ignoranti essere mostrati a dito, rifiutano il dimandare et disiare i governi, sde-
gnano il caminare per li palazzi reali et divenire adulatori dei maggiori per potere
acquistare un qualche beneficio, overo per compiacere un poco meglio al loro ventre


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