BIVIO: Biblioteca Virtuale On-Line
Telesio, Bernardino - De rerum natura » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 267v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


scordanti gridi quelli turbare; et indi armati di quelle parole di Boetio, santissimo et
famosissimo huomo, che si leggono cerca il principio di quel suo libro della Consolatione,
dove fa parlare la Philosophia et dire: Chi ha lasciato andar da questo vecchio queste
scenice meretrici, le quali non pure rimediarebbono ai suoi dolori con nessuno aiuto, ma
con dolci veleni più gli nodrirebbono?
Et quello che segue, empire con alte voci il tutto,
non altrimenti che se fossero vittoriosi; cercando, se potessero, commovere le innocenti men-
ti con ignominiosi oltraggi, non intendendo già quello che vogliano dire quelle parole
di Boetio. Percioché riguardando solamente la corteccia, sgridano queste pudicissime don-
ne non altrimenti che se fossero femine di carne, perché i loro nomi sono feminili, essere
dishoneste, scelerate, venefice et meretrici, et facendole come vili meretrici tengono an-
cho ch'elle stiano prostrate nel mezzo dei fornicatoi a petitione della feccia del volgo.
Né questo gli basta, anzi di qui vogliono che ancho i Poeti siano huomini dishonesti,
così facendo il loro argomento. Se le Muse per testimonio di Boetio sono meretrici, so-
no dishoneste donne, et così è necessario che quelli a' quali sono famigliari siano huomi-
ni dishonesti, attento che l'amicitia overo famigliarità non si può congiungere né stare
eccetto per conformità di costumi. Che poi elle siano famigliarissime di poeti, egli si vede
chiaramente ancho per li propri suoi versi; et così (come già è stato detto) sono huomi-
ni dishonesti. Vedi verso qual fine, Prudentissimo Re, tenda la vana astutia di questi ta-
li? Ma sia come ella si voglia, con la verità bisogna confonderla. Quante adunque, quali
siano et di quali nomi ornate le Muse, et quello che per loro habbiano compreso gli
huomini illustri, (se bene mi ricordo) l'ho dimostrato nell'undecimo libro di questa
opra. Ma fin'hora non restando acquetata la loro iniquità, alquanto egli è da affati-
carsi. A bastanza istimo che si possa dalle cose per innanzi citate comprendere di due
sorti essere la spetie dei Poeti, delle quali l'una è venerabile, lodevole et sempre agli
huomini pii grata; l'altra poi è vile, vergognosa et scelerata, et è quella di quei poeti
che per innanzi ho detto meritare dal mondo non che dalla città essere cacciati. Il me-
desimo si può dire delle Muse [si può dire], delle quali si può affermare che uno sia il ge-
nere, et due le spetie. Percioché, conceduto che ciascuna di loro di quelle medesime for-
ze et istesse leggi attuamente usi, veggendo che dagli atti diversi si cavano diversi
frutti, cioè di qui l'amaro et di qui il dolce, non inconvenevolmente possiamo pensare
che una sia honesta et l'altra dishonesta. L'una adunque di queste da essere loda-
ta con tutti i titoli habita nelle selve d'Allori et nel fonte Castalio, et in tutti i luo-
ghi che conosciamo per religione degni di riverenza; è amica di Phebo, va ornata di
fiori et ghirlande, et è molto notabile per la dolcezza del canto et soavità della vo-
ce. L'altra è quella che guidata dai poeti comici habita nelle scene, nei Theatri et
nelli spettacoli, et con scelerate fittioni per mercede si mostra benigna al volgo vile,
et di nessuno ornamento lodevole è illustre. Questa non mitiga né sana le malattie de-
gli infermi con la consolatione delle virtù, né con salutiferi né sacri rimedi, ma con que-
rele et gemiti sino alla morte gli innalza con quella dilettatione con la quale si di-
lettano i presi delle passioni. Là onde a bastanza ponno vedere gli inimici dei poeti


pagina successiva »
 
p. 267v