BIVIO: Biblioteca Virtuale On-Line
Biblia, Ecl » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 24v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


Charonte, decimono-
no figliuolo dell'Herebo.
Charonte nocchiero d'Acheronte viene detto da Crisippo figliuolo dell'Herebo et
della Notte; del quale così scrive Virgilio:
Sta l'horribil nocchier squallido, e negro
Charonte guardian de l'acque e fiumi;
A cui dal mento in giù canuta pende
Squallida barba, et ha di fiamme gli occhi
Dagli homeri di cui pende una veste
Tutta macchiata, et con un nodo avolta.
Egli una scafa rugginosa e nera
Con pertica guidando, et con la vela
A l'altra riva porta l'alme ingiuste.
Già di molti anni è pien, ma la vecchiezza
A chi non dee morir, è verde, e forte.

Charonte poi, il quale Servio rivolge in Crononte, è il tempo. Ma l'Herebo è da intender
qui per l'interno consiglio della divina mente, dal cui et il tempo et tutte l'altre cose so-
no create; et così l'Herebo è padre di Charonte. Ma la Notte per questo gli viene ascritta
madre, conciosia che anzi il tempo creato non fu nessuna luce sensibile, et però fu fatto
nelle tenebre, et di tenebre pare che sia prodotto. Charonte poi è locato appresso gl'Inferi
perché gli dei superni non hanno bisogno di tempo, sì come n'habbiamo noi mortali, che
da quelli siamo inferiori. Che poi Charonte passi i corpi dall'una all'altra ripa d'Acheron-
te, per questo è finto accioché intendiamo che il tempo subito che siamo nati si raccoglie
nel suo grembo, et ci porta ad una opposta ripa, cioè ci conduce alla morte, la quale è con-
traria al nostro nascimento; dando questo l'essere ai corpi, et quella togliendocelo. Oltre
di ciò siamo guidati da Charon per lo fiume Acheronte, che s'interpreta senza allegrez-
za, accioché consideriamo che dal tempo siamo tratti per vita frale et di miserie piena.
Appresso lo chiama Virgilio vecchio ma composto di robusta et verde vecchiaia, affine
che conosciamo il tempo per gli anni non perder le forze; perché quell'istesso può egli
far hoggi che puotè quando ancho fu creato. Che il suo vestire sia poi rozo et vile è
per voler dimostrare che quelle cose che si maneggiano d'intorno le cose terrene so-
no vili et abiette.
Giorno, vigesimo
figliuolo dell'Herebo.
Il Giorno fu figliuolo dell'Herebo et della Notte; così tra le
Nature dei Dei scrive Tullio. Questi, facendolo Theodontio femina, vuo-
le che fosse dato per moglie all'Aere, o vogliamo dire alla sphera del
Foco suo fratello. Che fosse poi figlia dell'Herebo et della Notte, da al-
cuni s'allega tal ragione. Perché togliendo tutto l'Herebo in loco d'una
parte, volsero che fosse pigliato per l'universo corpo della Terra; dal-
la cui estremità, chiamata da' Greci orizonte, non è dubbio che dando luogo la notte non
si levi il Sole et il giorno non si faccia, et così l'Herebo haver prodotto dalla Notte il
Giorno. Che poi fosse congiunto in matrimonio con l'Ethere lo dicono per questo, perché


pagina successiva »
 
p. 24v