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Biblia, Ps » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 25r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


pigliano l'Ethere per lo foco, che non può mancare di chiarezza; et perciò quando il
giorno è chiaro non vogliono dimostrare nessun'altra cosa che la chiarezza al foco
congiunta. Questo giorno poi dagli antichi (poscia che fu detta la sera et fatta
la mattina) fu designato di tale grandezza, che quel tempo che passa dal levar del
Sole et circonda tutto il mondo, fino attanto che ritorni onde s'era levato, insie-
me con quella notte che vi s'include sia detto un giorno; et questo è naturale, percio-
ché è diviso in ventiquattro parti eguali, et queste le chiamarono hore. Indi, sì co-
me a loro parve, vi fu sopragiunto il giorno arteficiale, il quale partito in gior-
no et notte, a ciascuna delle parti, cioè al dì et alla notte concessero dodici hore,
benché diseguali, et quello chiamarono arteficiale dall'artificio di chi se lo imagi-
nò; del quale ne' suoi giudici per lo più si serveno gli Astrologhi. Indi i medici tro-
varono il dì Cretico, et di quello usano d'intorno l'osservationi dell'infermità.
Il principio poi dei giorni naturali egualmente non si piglia da tutte le nationi.
Perché i Romani, come dice Marco Varrone, volsero ch'incominciasse dalla mezza-
notte, et havesse fine al mezzo dell'altra che segue; la qual regola fin'hora servano gli
Italiani, et specialmente nelle cause giudiciali. Gli Atheniesi, già incominciando il
giorno dal tramontar del Sole, lo finivano all'occaso del giorno a venire. I Ba-
bilonici poi facevano dal levar del Sole quello che gli Attici facevano dal tra-
montare. Quei dell'Umbria et che sono Thoscani gli davano principio dal
mezzogiorno, et lo terminavano al mezzogiorno del seguente dì; la quale
usanza fin hoggidì dagli Astrologhi viene osservata. Oltre di questo, il giorno
naturale è ancho distinto secondo diverse sue qualitadi con vari nomi. Percio-
ché, come afferma Macrobio nei Saturnali, incominciando dal principio del giorno
di Romani, chiama il primo tempo del giorno inchinatione di mezzanotte, attento
che la notte nel principio del giorno incominci declinare. Indi chiamarsi dal canto
del Gallo, Gallicinio. Il terzo conticinio, perché tutte le cose adormentate paiono
sepolte. Il quarto Diluculo, conciosia che pare che la luce del giorno incominci di-
mostrarsi. Conseguentemente il quinto tempo, levandosi già il Sole, volsero dir mat-
tina, o che dalle mani l'incominciamento della luce sia paruto uscire, o dall'augu-
rio del buon nome; attento che i Lanubini interpretano mattina per bene. Il se-
sto poi chiamarono meridio, cioè mezzogiorno, il che noi diciamo meridie. Da
quest'hora in poi il tempo che s'estende verso la notte, ch'è il settimo, dicesi occiden-
te, perché pare che cada. L'ottavo poi è chiamato ultima tempesta percioché sia l'ul-
timo tempo del giorno, come nelle dodici tavole si contiene; l'ultima tempesta sarà il
montar del Sole. Indi il novo tempo si chiama Hespero; il che è tratto da' Greci, per-
ché quelli chiamano Hespero da quella stella Hespero che appare nel tramontar del
Sole. Il Decimo tempo poi, ch'è il principio della notte, si dice prima face, percioché al-
hora le stelle incominciano apparire, overo, come piace ad altri, perché alhora cessan-
do la luce incominciamo accendere i lumi, per vincere con quelli le tenebre della not-


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