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Aristoteles - De anima » Biblia, 1 Cor » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. VIr

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


le opere d'Homero, le quali tanto per innanzi erano state nascoste; et il Boccaccio fu
de' principali che le udisse et che raccogliesse tutti i libri greci che puotè ritrovare, i
quali fino a quel tempo erano stati quasi dispersi et sepolti. Il che testimonia nel pre-
detto luogo dicendo: Ipse insuper fui, qui primus meis sumptibus Homeri libros et ali-
os quosdam graecos in Hetruriam, revocavi, ex qua multis ante seculis abierant non
redituri. Nec in Hetruriam tantum sed in patriam deduxi. Ipse ego fui, qui, primus ex
Latinis a Leontio Pilato in privato Iliadem audivi, ipse insuper fui, qui, ut legeren-
tur publice libri Homeri, operatus sum; et esto non satis plene perceperim; percepi ta-
men quantum potui; nec dubium si permansisset homo ille vagus diutius penes nos; qui
plenius percepisse.
Et quello che segue. Onde veramente per queste sole buone opera-
tioni habbiamo non poco a restare obligati al Certaldese et infinitamente da commen-
darlo, poscia ch'egli in buona parte fu prencipal cagione di così utile principio. Ma non
potendo il povero Poeta col debile patrimonio, che quasi già se n'era andato, lunga-
men<t>e più negli studi continuare, come disperato se ne stava quasi per pigliare novo
partito, et senza dubbio sarebbe stato a ciò constretto dalla necessità; ma il divino Pe-
trarcha, che molto l'amava, incomiciò sovenirlo in diverse cose, aiutandolo secondo i
bisogni di denari et provedendogli di libri et altre necessarie cose, onde sempre egli
lo chiamò padre et benefattor suo in tutti i luoghi dove di quello gli è occorso far
memoria. Il che ha fatto in ciascuna dell'opre sue latine, et spetialmente in molti luo-
ghi di questa. Né perché in molti suoi scritti si ritrovi che ancho lo chiama precettore,
a me non piace affermare né secondo il vocabolo intenderlo per maestro di scuola,
ma giudico più tosto per riverenza che per altro così lo chiamasse, attento che non si
ritrovò giamai che il Petrarcha fosse pedagogo di nessuno. Fece in processo di tempo,
sì come habbiamo di sopra con le proprie sue parole mostrato, che il detto Leontio gli
tradusse di greco in latino Homero, tutto che altri dicano che il Petrarcha fece fare
questa fatica; fondandosi, cred'io, sopra la sesta Epistola del terzo libro delle Senili, nel-
la quale il Petrarcha il prega ad oprare talmente che faccia che Leontio a sue spese gli
traduca l'opre d'Homero, et nella seconda del sesto, dove mostra il ricevere del-
l'opera. Ma chi bene riguarderà la prima del Quinto libro, apertamente conoscerà il
Boccaccio essere stato quello che fece fare la fatica, et poi ne fece parte et donò al
Petrarcha. Confermato adunque col buono aiuto di M. Francesco a continuare nelle
lettere, diede quell'opra maggiore che per lui si potesse alla poesia, et ancho si pose a
studiare nelle Sacre Lettere, ma essendo hoggimai quasi vecchio, sì come testimonia egli
stesso nell'ultimo dei presenti libri, dicendo: Caetera facultatum studia, et si placerent
quoniam non sic impellerent minime secutus sum. Vidi tamen Sacra Volumina, a qui-
bus, quoniam annosa est aetas; et tenuitas ingenii disuasere destiti, turpissimum ra-
tus senem, ut ita loquar; elementarium nova inchoare studia; et cunctis indecentissi-
mum esse id attentasse, quod minime arbitreris perficere posse.
Così non molto in questi
studi si fermò, anzi lasciandogli da parte attese alla sua cara poesia alla quale dai cie-
li era chiamato, sì come continuando segue dicendo: Et ideo cum existimem Dei benepla-


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