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Biblia, Ps » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 42r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


Anna fu figlia di Belo, sì come a Virgilio piace; il quale spessissime
fiate la chiama sorella di Didone. Costei fu compagna nella fuga di
Didone; la quale, poscia che vide morta la sorella et il reame di Car-
tagine occupato da Iarba (come dice Ovidio nel libro de' Fastis), con-
fidandosi nella ragione dell'hospitio antico se ne fuggì da Batto, re
dell'isola Corisa. Finalmente, sentendo che Pigmaleone moveva l'ar-
mi contra lei, et per ciò essendole dato congedo da Batto, se n'entrò in mare. Dove assa-
lita da fortuna, sì come l'intento suo era di andar a Camerè, fu condotta nel lido de' Lau-
renti; per lo quale Enea, havendo già vinto Turno, insieme con Acate caminando passeg-
giava. Di che ella veggendo Enea volse fuggire; ma da quello assicurata sulla fede, si fer-
mò, et fu condotta nel palazzo reale. Per la cui giunta, Lavinia mossa da gelosia volse
tenderle inganni; ma avisata di notte in sogno da Didone uscì fuori del palazzo, et
(se a bastanza si può far coniettura dalle parole d'Ovidio) si gittò precipitosamente nel
Numico fonte. Ma Ovidio passando più oltre dice che, essendo ella ricercata per tutto, ai
ricercatori giunti al fiume Numico parve udir una voce uscir del fiume, che gli dicesse:
Del piacevol Numico io sono Nimpha,
Che sta nascosta entro il suo chiaro fondo,

Anna chiamata per molti anni eterna.


Dopo esso Ovidio, dice Macrobio nei Saturnali publicamente et privatamente nel mese
d'Aprile sacrificarsi, accioché sia lecito per anni et molti anni durare.
Europa, quinta
figliuola d'Agenore.
Europa fu figliuola d'Agenore, come si vede per Ovidio; della
quale tal favola si narra. Vogliono che, essend'ella molto amata da
Giove, egli comandasse a Mercurio che cacciasse quelli armenti ch'era-
no sulle montagne di Phenicia, nel lito dove Europa con altre don-
zelle era avezza andar a giuocare et darsi piacere. Il che fatto,
Giove si cangiò in un bianco toro, et si pose nel mezzo degli altri
armenti. Onde veggendo Europa così vago et bello animale, et dilettandosi della sua pia-
cevolezza, incominciò prima con le mani a farli vezzi, et indi montarli sopra; il quale
pian piano ritirandosi verso l'acqua, et a poco a poco entrando nell'onde, tosto che sentì
quella esser sì bene fermata sul suo dorso et haverli le mani nelle corna, notando passò
il mare con quella, tutta timida et sbigottita, et la portò in Creta; dove ritornato
nella sua vera forma seco hebbe a fare, et la impregnò. Di che poi, secondo ch'al-
cuni vogliono, ella partorì Minos, Radamanto et Sarpedone. Et egli in eterna
memoria di lei dal suo nome chiamò la terza parte del mondo Europa. La fittione di
tal favola è coperta da così sottil velo, che liggiermente si può vedere il suo signifi-
cato. Percioché per Mercurio che cacci gli armenti nel lito io intendo la elo-
quenza et la sagacità d'alcun ruffiano, che dalla città nel lito guidi qualche donzella; ove-
ro un falso mercante che le mostri qualche cosetta da giuoco et a lei la prometta, et monta seco
in nave. Giove poi trasformato in toro che sen' porti la donzella, homai credo essere noto


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