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Petrarca, Francesco - Rime sparse » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 52v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


Ascalapho, quin-
to figliuolo d'Acheronte.
Ascalapho fu figlio d'Acheronte et di Orna Nimpha, sì come
dice Ovidio:
Ascalapho la ode; il qual si dice
Orna, non Nimpha vil tra le infernali
Già d'Acheronte suo prodotto havere,
Et partorito sotto l'onde oscure.

Dicono che costui, essendo stata rapita Proserpina da Plutone, et cercandosi s'ella, nell'In-
ferno, havesse mangiato alcuna cosa, la accusò, et disse che havea mangiato tre grani di
melegrane nel giardino di Dite, là onde fu sententiato che ella non si potesse più rihave-
re in tutto; et egli da Cerere fu tramutato in Alocco. Circa la qual fittione credo i Poeti
non haver voluto intender altro che dimostrare esser cosa odiosissima l'ufficio dell'acu-
satore. Et però dicono subito Ascalapho essere stato converso in un Barbagianni, percio-
ché, sì come l'alocco è un uccello funebre, et sempre di cattivo augurio tenuto, così l'accu-
satore di continuo è prenuntio di fatica et ansietà all'accusato. Oltre di ciò l'Alocco è ani-
male che strida, affine di mostrare gli accusatori essere stridosi. Così ancho, sì come tal uc-
cello sotto la quantità di varie piume è di picciolo corpo, medesimamente sotto le lunghe
ciancie degli accusatori per lo più si trova poca verità. Non inconvenevolmente adun-
que è detto figliuolo d'Acheronte, a somiglianza almeno dell'ufficio; perché, sì come Ache-
ronte priva d'allegrezza tutti quelli ch'egli passa all'altra riva, così l'accusatore empie
di tristezza quelli ne' quali è contrario. Che poi Orna sia detta sua madre, ciò è pigliato dal-
l'usanza dell'alocco, il quale spessissime volte, sì come dicono quelli c'hanno scritto delle
proprietà delle cose, nel giorno dei morti habita sopra i loro sepolcri, i quali (secondo Pa-
pia) si chiamano Urne; onde Lucano dice:
Il ciel cuopre colui, che non have urna.
Le cose poi che s'appartengono a Cerere et Proserpina, dove di loro si tratterà saran-
no dichiarate.
Stigia, sesta fi-
gliuola d'Acheronte.
Stigia viene detta l'infernal palude, et da tutti è tenuta figliuo-
la d'Acheronte et della Terra, et appresso (secondo Alberigo) nutri-
ce et albergatrice degli dei; per la quale ancho, sì come di sopra è
stato detto, giurano i dei, et per tema di supplicio non ardiscono giu-
rare invano, secondo che dice Virgilio:
Et la Palude Stigia per la quale
Temeno invan di non giurare i dei.

Percioché, per insino ad un certo spatio di tempo, colui che sopra lei giurava invano era
privato del nettare dei dei. Et ciò vogliono ch'a lei fosse conceduto perché la Vittoria sua fi-
gliuola diede favore alli dei contra i Giganti Titani. Stigia s'interpreta tristezza, et
però essendo Acheronte senza allegrezza, di lui viene detta figliuola; attento che, se-


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