BIVIO: Biblioteca Virtuale On-Line
Biblia, Ps » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 55v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


del ventre, altrettante nella sinistra, et una nel mezzo; et ciascuna di queste ne può con-
cipere due. Come che Alberico dica, nel libro delle Nature degli Animali, egli haver averti-
to dal nascimento d'una certa donna, ella l'un dopo l'altro haver conceputo CL figliuoli.
Quelle stanze adunque che sono dalla parte dritta quando riceveno il seme partoriscono
maschi, quelle poi dalla sinistra femine; quando poi il seme entra nel mezzo et produ-
ce, quelli che nascono hanno il sesso commune, cioè maschio et femina, et gli chiamia-
mo hermaphroditi. Così in quella celletta di mezzo, sì come in fonte di l'uno et l'altro
sesso, si bagnò, et mentre l'uno et l'altra cerca vincere per non star di sotto, nasce che sì
veggiamo i segnali dell'una et l'altra vittoria. Là onde la preghiera viene essaudita,
che se alcuno si bagna in quel fonte, uscendo fuori, divenga mezzo huomo. Ma istimo io
molto diversamente i poeteggianti haver inteso, percioché Salmace <è> un fonte famosissimo
di Caria; il quale, accioché non resti tinto di tal machia, piacemi et il fonte purgare et
ogn'altra cosa insieme c'havrà dato materia a tal fittione. Et adunque, sì come vuole Vi-
truvio nel libro dell'Architettura, in Caria un fonte di tal nome non lontano da Halicar-
naso, per la sua limpidezza famosissimo et per lo sapore notabile, appresso il quale i
barbari, cioè Carii, et le legigia habitavano; i quali, essendo cacciati da Nida et Re-
vania Arcadi, che haveano ivi fatto Troezen commune colonia, fuggirono sopra le mon-
tagne, et incominciarono con rubberie et ladronezzi a turbare tutti quei paesi. Ma ha-
vendo uno di quegli habitatori Arcadi, tratto dalla speranza del guadagno, ivi vicino a
quel fonte levato una hosteria, con presuposto che la bontà di tal acqua a lui devesse por-
ger gran favore, avenne che spesse volte que' barbari fieri, mossi non tanto dal bisogno de'
cibi, come dalla dilettatione dell'acqua, entravano in quella taverna, et a poco a poco ve-
nivano a metter giù per la conversatione quella barbarica fierezza. Così incominciando-
si ad accostare ai costumi di Greci più molli et più humani, in breve tempo di fierissimi
parvero esser divenuti benigni. Là onde, perché la mansuetudine (rispetto alla ferocità)
par femina, fu detto che quelli ch'entravano in quel fiume s'effeminassero.
Venere maggiore, et
sesta figliuola del Cielo.
La gran Venere, secondo che scrive Cicerone nelle Nature dei Dei, fu
figliuola del Cielo et del Giorno, dimostrando appresso che oltre co-
stei ve ne furono tre altre; ma afferma questa essere stata la prima di
tutte. Nondimeno, ritrovandosi diverse fittioni confuse d'intorno tali
Veneri, tolte solamente quelle che ci pareranno a questa appartene-
re, lasciaremo le altre all'avanzo. Et ciò faremmo non perché tutte non
si possano appropriare a questa, ma perché, essendo attribuite alle altre, egli ci pare più
honesto riservarle alhora quando di loro si farà memoria. Inanzi l'altre cose vogliono il
gemino Amore essere stato di costei figliuolo, sì come mostra Ovidio, dicendo:


pagina successiva »
 
p. 55v