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Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


Titani per liberare i suoi parenti da loro imprigionati, la seconda con esso suo padre Saturno,
il quale (secondo Lattantio) cercava darli la morte; et questa fu detta guerra dei Giganti. Et secon-
do alcuni appresso Phlegra territorio di Thessaglia si venne a giornata, dove Saturno fu
vinto et abbattuto. Che poi a lui per oracolo fosse comandato che cuoprisse lo scudo con la pe-
le d'Egla et il suo capo con la Gorgone, onde Egle dalla Terra fu nascosta in una spelonca,
cred'io che si debba intendere l'aiuto dei greggi et degli armenti ne' quali stavano le ric-
chezze degli antichi; i quali si debbano pigliare per Egla, che vuol dire l'istesso che capra.
Vi si debbono poi intender ancho i frutti dei terreni, i quali intendo per Gorgone; di che da que-
sti tali aiuti le grandissime spese delle guerre sono sostentate. Et così lo scudo di Giove fu coper-
to, cioè trovata la difensione, et il capo coperto, cioè fortificato di consigli. Cessando adunque
questi, si dice che Egle si è nascosta, et alhora gl'inimici pigliano ardire contra gl'inimici
come quasi contra un disarmato; finalmente standovi questi et Pallade, che qui vi si deve intendere
per la disciplina militare, s'acquista la vittoria. Che poi siano cacciati nell'Inferno, quelli c'
hanno finto hanno voluto mostrar l'ostinatione dei superbi alla fine essere humiliata et caccia-
ta. Nondimeno a questa guerra dei Giganti vi s'aggiungeno molte cose che qui non sono messe,
cioè che quelli posero monti sopra monti per salire in cielo, et haver ancho oprato altre cose le qua-
li sono da riferire alle attioni di guerrieri. Drizzano veramente fortezze, et sopra monti
edificano torri per occupare il cielo, cioè il regno del nemico; tutte le quai cose alla fine sono ro-
vinate dal vincitore, sì come fu fatto da Giove. Di questa guerra de' Giganti et delli dei teneva
altra openione Varrone. Diceva egli che tal guerra fu quando cessò il diluvio, percioché alcuni con
tutte le masseritie s'erano fuggiti sopra i monti; i quali, poscia ingiuriati con guerra da altri
che erano discesi da altri monti, sì come superiori agli altri facilmente gli cacciavano; onde fu
finto gli dei esser stati i superiori, et gl'inferiori gli habitatori della Terra. Et perché dalle val-
li cercavano salire in alto, et col petto per terra a guisa di serpenti parevano caminare, fu det-
to ch'eglino havevano i piedi di serpi. Che poi per tema di Tipheo gli dei, cangiate le loro for-
me, fuggissero in Egitto, intende altro che la historia, overo la moralità. Percioché per Ti-
pheo, che fu figliolo della Terra, è da intender essa Terra, et spetialmente quella parte la qua-
le a noi settentrionali è habitata; dalla cui gli dei, cioè il Sole, per lo cui (come piace a Macro-
bio nel libro dei Saturnali) l'avanzo della moltitudine dei dei si deve intendere, alhora fug-
gono quando il Sole incomincia declinare dall'Equinotio dell'autunno verso il Polo Atran-
tico. Il qual Sole alhora si dilunga dalla terra cioè dalla regione nostra, che siamo settentrio-
nali, et tende all'Egitto, cioè in Auro, overo ai paesi australi. Gli dei haver poi cangiato le lo-
ro effigie, ciò più tosto per aventura è stato posto per ornamento della fittione che per altro, perché
(come dice Agostino nel lib. della Città d'Iddio) tutte quelle cose che si narrano esser fatte
non sono da istimare che habbiano significato, ma alle volte sono ordite per quelle che significa-
no alcuna cosa quelle che nulla contengono. La terra col solo aratro si toglia; ma accioché
questo si possa fare, ancho gli altri membri dell'aratro sono necessari. Et le corde sole nel<l>e
cittare et negli altri instrumenti musici sono atte al canto; ma affine che vi si possano acconcia-
re vi s'aggiungono altre cose. Alla coniuntione degli organi vi s'aggiungono quelle cose che non son
percosse dai risonanti, ma quelle che non percosse fanno l'armonia. Ciò dice Agostino. Et però, benché vi
siano delle cose che non facciano mistiere, accioché non paia c'habbiamo fuggito la fatica v'a-
giungeremo quello che loro sotto queste forme habbiano potuto intendere. Dice adunq. Ovidio che Gio-


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