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Vergilius Maro, Publius (Pseudo) - Catalepton » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 91r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


giò in un lito, dove partendosi forse men sobrio che non gli bisognava, lasciò ivi un suo
figliuolino, Sucrone. Il quale Sucrone, perduto il padre, errando pervenne all'alloggiamen-
to di un certo Iauco, dal cui raccolto incominciò insieme con i suoi fanciulli menar le
capre ai paschi. Avenne ch'eglino presero un cigno, il quale da loro essendo coperto con
una veste, caderono in contentione chi di loro dovesse appresentarlo al padrone in do-
no. Finalmente vinti dal contrasto, et levando via la veste, invece del cigno ritrovaro-
no una donna, per la qual cosa smarriti si diedero a fuggire. Nondimeno richiamati indie-
tro da lei furono avisati che dicessero al suo padrone Iauco ch'egli dovesse amare et ho-
norare il fanciullo Sucrone. Quelli adunque subito riferirono al padrone quello che ha-
veano veduto et inteso. Di che maravigliandosi Iauco, incominciò ad haver Sucrone in
loco di figliuolo, et gli diede per moglie una sua figlia; la quale divenuta pregna, dormen-
do vide il Sole intrarsi per le sue fauci et uscirle per lo ventre. Dopo questo partorì
un figliuolo, et il chiamarono Brancho; il quale havendo baciato le guancie di Apol-
lo, da lui preso ricevette la corona et la verga et incominciò indovinare, et subito
mai più non comparse. Onde dopo questo a lui fu edificato un grandissimo tempio chia-
mato Branchiadon, et per questa cosa furono ancho sacrati tempi ad Apollo Philesio; i
quali si chiamano dal nome del bacio di Brancho, overo dal contrasto dei garzoni Phile-
si. Altrove poi Lattantio scrive che Branco fu un giovane di Thessaglia amato da Apol-
lo, il quale essendo stato amazzato fu molto pianto da Apollo, che gli consacrò un sepol-
cro et un tempio; et ivi Apollo fu chiamato Cranco. Nella prima favola si debbe inten-
dere ch'i fanciulli, cioè ignoranti, pigliano un cigno, cioè l'augurio delle cose a venire; per-
cioché il cigno è un uccello sacrato al Sole, conciosia che antivede la morte a lui vicina, et
con dolcissimo canto la predice. Dall'augurio pigliato poi si va al cangiare, onde vien fin-
to ch'egli si cangiò in femina, et da queste ciancie aviene che Sucrone diventa più caro al
padrone, et di lui diviene genero; di che la moglie fatta pregna vede in sogno il Sole che
per gola le entra, cioè la influenza celeste a produrre il già non nato atto all'indovina-
re, il che s'intende per lo Sole; il quale poi esce per lo ventre, mentre nasce. Et alhora bacia
le guancie d'Apollo, quando per la dilettatione, senza la quale non si opra niente, s'accosta
allo studio dell'indovinare; et alhora riceve la corona et la verga da Apollo, quando
ammaestrato piglia le insegne del dottorato. Percioché per la corona, che è ornamento del
capo, si disegna la preminenza, la quale conseguisce ciascuno per l'acquistata scienza con
gli studi. Per la verga, poi, la potenza d'essercitare quelle cose che con lo studio si sono acquista-
te. Che ancho mai più non si fosse ritrovato, ciò avenne perché con la morte fu tolto di mezzo.
Philemone, ottavo
figliuolo d'Apollo.
Fu Philemone figliuolo d'Apollo et Lichione, come testimonia Ovi-
dio; percioché Dedalione, figliolo di Lucifero, hebbe una bellissima
figliuola, la quale amata in quel tempo da Apollo et Mercurio, et
con tutti due essendo giacciuta, d'amendue partorì, et di Apollo hebbe
Philemone, il quale fu ne' versi famoso et nella cithera. Onde questo che s'è finto penso esse-


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