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Alighieri, Dante - Divina Commedia » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 91v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


re stato tolto dall'occasione, perché Lichione in un parto produsse due figliuoli, l'uno de'
quali fu eccellente ladro; di che dissero haverlo generato Mercurio, perché agli Astrolo-
ghi pare che d'intorno ciò molto possa Mercurio. L'altro poi fu famosissimo citharedo,
il che d'intorno pensano che molto vaglia il Sole, et però il chiamarono figlio d'Apollo.
Orpheo, nono fi-
gliuolo d'Apollo.
Orpheo fu figliuolo della Musa Caliope et d'Apollo, sì come dice Lat-
tantio. Vuole Rabano che Mercurio a lui desse la lira poco inanzi da sé
ritrovata; nella cui divenne tanto eccellente che col suono di lei poteva
mover le selve, fermar i fiumi et far benigne le fiere. Di costui Virgilio recita tal favola,
cioè ch'egli amò Euridice Nimpha; la quale, poscia che col suo canto hebbe acquistato la
gratia di lei, tolse per moglie. Di costei s'inamorò Aristeo pastore, et un certo giorno, men-
tre lungo le rive del fiume Hebro con le Driadi s'andasse a diporto, volse rapirla; la quale
fuggendo con un piede prese una biscia che nell'herbe stava nascosta, onde quella rivolgendosi
a lei col venenoso morsa la amazzò. Là onde il doloroso Orpheo discese all'Inferno, et con
la lira così dolcemente incominciò cantare, pregando che gli fosse restituita Euridice, che non
solamente mosse a pietà di lui gl'infernali ministri, ma ancho condusse le ombre a scordarsi
delle proprie pene che pativano. Di che avenne che da Proserpina gli fu restituita Euri-
dice, con questo patto però, che (s'egli non la voleva di novo perdere) non si rivolgesse indie-
tro a riguardarla fino attanto che non fosse salito sopra la terra. Il quale, essendo già vici-
no ad esser di sopra, tratto dal soverchio disio di rivedere la sua Euridice rivolse gli occhi
a dietro, onde avenne che subito di novo perdette la sua diletta sposa. Per la qual cosa lun-
gamente pianse, et si dispose menar vita casta. Et per ciò (come dice Ovidio) havendo rifiu-
tato le nozze di molte donne, et persuadendo ad altri huomini che facessero vita casta, cade
in odio delle donne, et dalle femine che celebravano i sacrifici di Baccho appresso l'Hebro fu
con rastri et zappe morto et lacerato. Et il suo capo, insieme con la cithara gittato nel fiu-
me, pervennero fino in Lesbo; dove volendo un certo serpente divorarli il capo, quello da Apol-
lo fu mutato in sasso. La lira poi (come dice Rabano) fu assunta in cielo, et tra le imagini
celesti locata. Belle veramente et arteficiose sono queste fittioni, et per incominciare dalla pri-
ma veggiamo perché sia detto figliolo d'Apollo et Caliope. Si dice Orpheo, quasi Aurea Pho-
gni
, cioè buona voce di eloquenza; la quale veramente è figliuola d'Apollo, cioè della sapien-
za, et di Caliope, che s'interpreta buon sono. A lui da Mercurio fu data la lira, percioché per la
lira, che ha diverse differenze di voci, devemmo intendere la facultà oratoria; la quale si adem-
pisse non con una voce, cioè con una dimostratione, ma con molte, et finita non si conface a tutti
ma al saggio et all'eloquente, a cui è conceduto buona voce. Il che ritrovandosi tutto in Or-
pheo, si dice che a lui tutte queste cose furono concesse da Mercurio, misuratore dei tempi. Con
questa Orpheo move le selve, c'hanno le radici fermissime et fisse nella terra, cioè move gli
huomini d'ostinata openione; i quali non si ponno rimovere dalla sua ostinatione eccetto per
le forze dell'eloquenza. Ferma i fiumi, cioè li scorretti et lascivi huomini, i quali se non sono
stabiliti in ferma fortezza con salde dimostrationi d'eloquenza scorreno fino nel mare, cioè


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