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Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


torì quattro figliuoli, Aristeo, Nomio, Avetoo et Argeo. Fino qui non v'è quasi fittione
nessuna, eccetto dove dice di Peneo fu figliuola di Speranza re di Thessaglia, da cui le fu
mandato dietro per cercare dov'ella fosse andata. Onde quelli che la cercavano havendola
ritrovata, et essendo ritenuti dalla dilettatione del loco, (dicono) che restarono in quei me-
desimi paesi con Cirene. Di questi fanciulli poi (vogliono) che solamente tre cresciuti in età
ritornassero in Thessaglia et ripigliassero il reame del zio. Tra ' quali dicono che Ari-
steo ampiamente regnò in Arcadia, et fu il primo che ritrovò l'uso delle api et del mele
et l'utilità del latte, et ancho che dimostrò la via di premere l'ulive et cavarne l'olio, et
metterlo in uso, secondo che riferisce Plinio nell'Historia Naturale. Oltre ciò divenuto sa-
piente, fu il primo che trovò il nascimento della stella solstitiale. Le quai cose considerate
non inconvenevolmente nel fine delle Georgiche, Virgilio descrisse la favola d'Aristeo nel-
la ricuperatione dell'Api. Vogliono appresso che costui tolesse per moglie Auttonoe figli-
uola di Cadmo, et di lei havesse Atteone. Nondimeno (sì come piace a Salustio), per consi-
glio della madre lasciata Thebe se n'andò nell'isola Chio, fino alhora dishabitata dagli
huomini, et quella possedette, benché poi la lasciasse et se n'andasse con Dedalo in Sardi-
gna; dove, secondo Solino nel libro delle Cose Maravigliose del mondo, edificò la città Cara-
lia. Quello che poi avenisse di lui non mi ricordo haver letto.
Atteone figli-
uolo d'Aristeo.
Di Aristeo et Auttonoe nacque Atteone, sì come testimonia Statio, et
Ovidio; il quale scrive che ancho fu chiamato Ianthio, dove dice:
Chiamando Ianthio, con piacevol faccia.
Et sono di quelle che dicano questo nome essergli stato da una fanciulla imposto, che fu se-
polta in quel loco ove egli nacque. Questi (secondo che dimostra l'istesso Ovidio) fu cac-
ciatore; il quale un giorno lasso per la caccia essendo sceso nella valle di Gargaphia, perciò
che ivi v'era una fonte frescha et chiara, affine forse di trarsi la sete, avenne che in quel-
la vide Diana che ignuda si lavava. Di che essendosi accorto Diana, et sopportando ciò
malamente, prese dell'acqua con le mani et la spruzzò nel volto di lui dicendo: "Va et dil-
lo, se puoi." Questi allhora fu subito convertito in un cervo, che veduto da' suoi cani fu in-
contanente morto, et con denti tutto stracciato et mangiato. D'intorno la cui fittione co-
sì scrive Fulgentio. Anassimene, il quale trattò delle depinture antiche, dice nel secondo li-
bro che Atteone amò la caccia in gioventù, et pervenuto alla matura età, considerando i
pericoli delle caccie, cioè veggendo la ragione dell'arte sua quasi ignuda, divenne pauro-
so.
Et poco da poi segue: Ma fuggendo il pericolo delle caccie, nondimeno non lasciò l'af-
fetto dei cani, ne' quali da lui invano pasciuti consumò quasi tutta la sua facultà. Per ciò
fu da' suoi cani divorato.

Iolao figliuo-
lo d'Aristeo.


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