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Alighieri, Dante - Divina Commedia » Baldini, Baccio Mascherata della Geneologia degl'Iddei - p. 115

Baldini, Baccio

Discorso sopra la Mascherata della Geneologia degl'Iddei de' Gentili


Excutior curru, lorisq., tenentibus artus,
et quel che segue. La terza fu quando Hyppolito risuscitato
si sta alla cura del tempio et del bosco di Diana che era in
Aricia, raccontata da Ovidio nel lungo allegato disopra, quan-
do ei dice:
Hic posuit, nomenq., simul quod possit equorum,
et quel che segue. La quarta fu quando, bagnandosi Diana
in una fonte con le sue Nimphe, scuopre Cinthia che era gra-
vida di Giove et la caccia via, et non la lascia bagniare in
quel fonte dove si bagniava ella con l'altre Nimphe; et que-
sta racconta anche Ovidio nel secondo libro delle Transfor-
mationi
, quando ei dice:
I procul hinc, dixit, nec sacros pollue fontes,
et quel che segue. La quinta fu quando Alpheo Fiume, essen-
do innamorato di Diana et non potendo fare né con pre-
ghiere né in alcun'altra maniera che ella volesse esser sua spo-
sa, finalmente egli gli volle far forza, perché Diana fuggendo
lo condusse infino a Letrino, città di Grecia dove si facevan
la notte dalle Nimphe certi balli a' quali Diana si ritrovava,
et giunta quivi imbrattò il viso col fango a sé et a tutte le
sue Nimphe che eran quivi, perché Alpheo non potendo
cognoscer Diana dall'altre Nimphe si partì beffato, sì come
scrive Pausania nel sexto libro della Grecia. La sexta fu quan-
do ella et Phebo suo fratello uccidono con gli archi i figliuo-
li di Niobe, raccontata da Ovidio nel sexto libro delle Tran-
sformationi
, quando ei dice:
Desine Phaebus ait: poenae mora longa quaerela est,
et quel che segue. La settima, quando, per non gli essere sta-
ti fatti sacrifizii come agli altri Dei, ella manda il Cignal Ca-
lydonio che guastava tutto il paese d'Etolia, scritta da Ovi-
dio nello ottavo libro delle Transformationi, quando ei dice:
Tangit et ira deos: at non impune feremus,
et quel che segue. L'ottava fu quando Acteone fu converti-
to da Diana in Cervio, narrata da Ovidio nel terzo libro del-
le Transformationi, quando egli scrive:
Nunc tibi me posito visam velamine narres


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