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Seneca, Lucius Annaeus - Phaedra » Cartari, Vincenzo Le immagini dei Dei - p. CVIv

Cartari, Vincenzo

Le immagini con la spositione dei Dei degli antichi


tutti i Dei, così egli di bellezza andasse sopra a tutti gli altri di gran
lunga. Ma si pò dire anchora, e forse meglio, che a colui sia paruto
icona nota che una face non mostri interamente la forza dello amoroso ardore,
e perciò pose in mano a Cupido fulmine, conciosia che questo non so-
lo arde le cose che facilmente abbrusciano, ma quelle anchora subito
incende alle quali l'altro fuoco non così tosto si attaccherebbe, rom-
pe e spezza ciò che trova che se gli opponga, e sia pure quanto vo-
glia saldo e duro, e penetra con mirabile prestezza in ogni luoco.
Le quali cose molto bene si confanno alla forza di Amore, il quale
in gentil cor ratto s'appiglia, e gli duri et ostinati rompe e spez-
za, e con mirabile prestezza ovunque vuole penetra, come dice Pro-
pertio in una eligia nella quale ei dipinge Amore, fatta già volgare
da Gierolamo Benivieni in terza rima; et è questa:
Non fur al tuo parer maravigliosa
Le man di quel ch'in giovenil figura,
Qualunque e' fosse, Amor pingendo pose?
Questi de' ciechi amanti la natura
Conobbe, e come fuor d'ogni ragione
Perdon lor primi ben per leggier cura.
Né l'ali agli huomer suoi senza cagione
Pendendo in human cor il fe' <volare>,
Perché quelle alme in cui suo nido pone
Mentre per questo tempestoso mare
Corron dall'onde alterne ributtate
Son così che giamai si pon fermare.
L'arco suo incurvo, e le saette hamate,
Che dagli homeri suoi sospese pendono,
Ond'egli ha sempre le sue mani armate,
Certo null'altro a' nostri occhi pretendono
Se non che pria ch'alcun di lor s'accorga,
Dal nervo scosse in mezzo al cor suo scendono.

Trovo Cupido alle volte anchora fatto in altra guisa che con
l'arco, come è appresso di Pausania, il quale scrivendo di Corintho di-
ce che quivi sopra il tempio di Esculapio, in certa capelletta tonda


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